Quando la passione per i tacchi alti diviene eccessiva, una vera dipendenza e arriva mettere a repentaglio perfino la salute fisica, si parla di altocalciphilia.  Intesa come patologia vera e propria, l’altocalciphilia non è così comune, ma la passione per il tacco alto è decisamente diffusa.

Bisogna precisare che le circostanze (tipo di lavoro, gestione dei bambini, spesa al supermercato, cerimonia, per esempio) condizionano e orientano le nostre scelte, senza considerare le mode. Di tacchi si può parlare in modo diffuso: dalla seduzione all’aggressività, passando per il bisogno di protezione, ci affascinano e ci colpiscono sin da bambine, quando maldestre, indossiamo le enormi scarpe di mamma. Ho scelto di toccare solo l’aspetto legato al sentirci in sintonia con una certa altezza di tacco, quale spunto per avere informazioni interessanti su noi stesse. Il rapporto fondamentale si gioca fra la distanza del tallone con il terreno, quindi la distanza che sentiamo di voler tenere fra noi e la realtà che viviamo in quel momento. Una persona coi piedi ben piantati a terra, come si dice, indosserà più facilmente un tacco modesto o inesistente. Per una serata a cena con un uomo che ci interessa, per cui sognare magari un’evoluzione successiva, sarà più spontaneo indossare un tacco più importante. Se sentiamo di non desiderare mai un po’ di stacco o di non riuscire letteralmente ad uscire di casa senza un tacco 12, facciamoci qualche domanda sul rapporto che abbiamo con la nostra parte femminile: ci dirà probabilmente qualcosa di interessante.

Il tacco alto conferisce certamente maggiore slancio alla figura, è simbolo di forza e potenza, ci offre maggiore sicurezza e femminilità; questi elementi dovrebbero essere presenti nella vita di una donna magari sotto altre forme, senza per questo farci diventare loro schiave.  Al di là della altocalciphilia usata come pretesto per parlare di tacco alto, è l’eccesso categorico e rigido nell’uso o nell’aberrazione di esso, a rappresentare l’occasione per una riflessione personale più profonda rispetto alla superficiale frivolezza dell’argomento. La consapevolezza di sé, risulta essere per il pedagogista clinico, fondamento ineludibile per vivere appieno e in modo armonico.

Alba Passarella

Pedagogista Clinico ANPEC N.4278

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