Negli ultimi articoli qui pubblicati sto ponendo l’accento su quello che abbiamo imparato durante il pesante periodo della pandemia, dove oltre al dolore individuale per la malattia o la perdita di una persona cara, ci siamo ritrovati a fare i conti con ansie, paure e stili di vita rivoluzionati. Superare un momento difficile significa poterlo raccontare, essere in grado di fare valutazioni critiche e nella migliore delle prospettive, trarne qualche insegnamento.

La scuola è finita e al di là della valutazione dei contenuti effettivamente acquisiti in termini di “profitto scolastico”, c’è da chiedersi se possiamo dire di aver imparato qualcosa dalla DAD, acronimo che sta per didattica a distanza, su altri livelli e da ulteriori punti di vista. Certamente tutti ci siamo dovuti mettere a confronto con le nuove tecnologie e in qualche misura è come se avessimo fatto un corso accelerato (seppur forzato) con pc, tablet, smartphone, piattaforme e chat. A livello tecnologico resteranno dunque degli apprendimenti, con ricadute scolastiche, lavorative e anche relazionali: si sono aperte nuove prospettive di scambio fra le persone, forse inesplorate e poco considerate in precedenza. Una videochiamata o una conferenza online, sono ormai un dato di fatto giornaliero per la maggioranza di noi.

Oltre agli aspetti tecnici, chi ha avuto a che fare con la DAD si è reso conto, più o meno consapevolmente, che siamo immersi in una rete di relazioni, per cui gli uni e gli altri si sostengono a vicenda. Senza la partecipazione attiva dei genitori, nessun insegnante sarebbe riuscito a contattare i propri studenti e d’altro canto, nessuna famiglia avrebbe potuto fare completamente a meno del supporto della scuola in un momento come quello che abbiamo attraversato. I bambini e i ragazzi hanno percepito lo sforzo collettivo di “tenere insieme i pezzi” di una società momentaneamente messa in ginocchio: al di là del rendimento scolastico finale, sentire che intorno le persone si stringono per far fronte comune contro il male, offre sensazioni di sicurezza e stabilità. Nessuno ha fatto tutto da solo, tutti hanno contribuito, forse abbiamo imparato che le reti sono fatte di trama e ordito?

I docenti hanno dovuto re-inventarsi nel loro mestiere, seppur con risultati diversi gli uni dagli altri, tutti hanno fatto i conti con la necessità improrogabile di un cambiamento, che raramente accade a scuola in maniera tanto accelerata. Molti di loro si saranno stupiti di quante capacità e risorse avevano già in sé, che forse nella quotidianità non immaginavano minimamente di esplorare, che invece rappresentano un grande tesoro da cui attingere anche in futuro.

I genitori hanno toccato con mano quanto sia complesso e articolato il lavoro realizzato a scuola e quanto sia fondamentale per lo sviluppo delle nuove generazioni. Chi opera nella scuola si è trovato (o ri-trovato) investito del proprio importante ruolo sociale, oltre che formativo in senso stretto. Gli alunni, di ogni ordine e grado, hanno sperimentato sulla propria pelle che “la scuola è una cosa bella, che andare a scuola è una cosa seria, che sono fortunati ad andarci”. Spero personalmente che quest’ultimo apprendimento resti vivido nelle nuove generazioni, affinché difendano il diritto di andare a scuola di tutti, ovunque, sempre.