L’esperienza di queste prime cinque settimane di supporto psicologico gratuito alla cittadinanza, inizia a far emergere alcuni elementi ricorrenti, soprattutto legati ai familiari delle persone che sono decedute in questo periodo, non solo per Covid 19 ma anche per altre patologie o senza specifica diagnosi. Si tratta di un lutto complesso e duro da superare nell’isolamento, che probabilmente avrà bisogno di un supporto anche ad emergenza terminata: data l’eccezionalità della situazione, è difficile infatti essere già ben strutturati per questa circostanza.

Una volta ricevuta la triste notizia del decesso del proprio caro, la reazione di sconforto è naturale e la condivisione con i familiari è utile, purché si spieghi cosa accade soprattutto ai più giovani che potrebbero non comprendere la situazione. Bisogna provare ad evitare due trappole insidiose rappresentate dal senso di colpa perché ci si rende magari responsabili per la trasmissione del virus e l’angoscia profonda che scatena l’immagine della persona che muore in solitudine. E’ ragionevole pensare che nessuno di noi abbia deliberatamente infettato qualcuno e arrovellarsi introno ai nostri comportamenti, “avrò lavato bene le mani quella volta? … Non ricordo se avevo coperto anche il naso con la mascherina!” per esempio, non servirà a modificare gli eventi; potremmo solo farne tesoro per aumentare la nostra attenzione in futuro.

In ospedale i pazienti sono lontani dai familiari e più peggiorano e meno sono i contatti diretti, tuttavia il personale ospedaliero si spende veramente in modo straordinario per offrire informazioni utili ai parenti e per essere vicino per quanto possibile, agli ammalati a cui non fanno mancare quello che possono: sanno bene cosa sia quella sofferenza e come esseri umani sono consapevoli che quello sconosciuto nel letto potrebbe essere il loro padre, la madre o un figlio, quindi dobbiamo maturare la certezza che pur mancando senza di noi, hanno avuto accanto tutto ciò che umanamente era possibile offrire.

Organizzare una funzione religiosa è impossibile e quindi viene a mancare un importante momento sociale di saluto, di congedo, che naturalmente offrirebbe la possibilità di iniziare a voltare pagina. Questo è un problema concreto che si può parzialmente compensare con un saluto al feretro che passa sotto casa della famiglia prima della sepoltura, ove possibile ovviamente, oppure organizzando un momento di preghiera o semplice commemorazione via social, in cui insieme si possa condividere una sorta di ultimo saluto, in attesa di poter portare un fiore sulla tomba del proprio caro. Questa ritualità alternativa può essere estesa a tutti i decessi di questo periodo, Covid 19 o meno, perché il processo dell’elaborazione del lutto non è differente in questo senso.

Esiste poi il problema dei familiari che restano, magari malati a loro volta o comunque in quarantena preventiva. La paura di ammalarsi e morire è umana, quasi istintiva ed talmente palpabile in alcune persone, da generare sintomi fisici, che possono andare dall’insonnia all’alterazione dell’appetito, dall’aumento dell’ansia a momenti di vero e proprio sconforto. La capacità di sostenersi a vicenda in famiglia o di contattare amici e parenti, soprattutto per chi è solo in casa, risultano carte vincenti e nel caso non siano sufficienti, riconoscere la difficoltà e chiedere un supporto psicologico adeguato, consentirà di vincere questa partita con la pandemia.