OUTDOOR EDUCATION: seconda parte

RUBRICA: IL PUNTO DI VISTA DEL PEDAGOGISTA CLINICO

Continua il nostro viaggio nell’outddor education o per meglio mettere a fuoco il nostro obiettivo, si tratta di muoversi nell’ambito della didattica attiva all’aperto nelle scuole: outdoor learning. Resta inteso che si tratta di semplici accenni, assolutamente non esaustivi dei temi. Sfatiamo oggi un paio di falsi assunti: fare formazione all’aperto non è un fatto educativo che riguarda solo l’età prescolare e non è detto neppure che si debba per forza trovarsi costantemente fuori nel verde per praticarlo. Come già introdotto nella prima parte di questo pezzo, è indispensabile una certa flessibilità mentale da parte di tutti, quindi non solo alunni e docenti, anche se certamente saranno questi ultimi a dover promuovere un cambiamento nel loro modo di vedere la scuola e cogliere opportunità inaspettate.

Lavorare all’aperto con alunni in età prescolare appare più semplice dal punto di vista scolastico perché gli orari dei vari impegni sono scanditi in maniera meno rigida e le proposte di attività nascono già con una certa flessibilità intrinseca, data dell’utenza. E’ possibile avviare processi di cambiamento nella scansione dei tempi e dei modi di fare scuola anche in ordini superiori: rispondiamo automaticamente al suono della campanella perché siamo stati abituati così, ma possiamo modificare la scansione del nostro tempo a scuola. I docenti sono detentori di un sapere e di un’esperienza di grande valore: se solo applicassero un certo grado di flessibilità mentale rispetto alla didattica, aprendo lo sguardo sulle potenzialità dell’esterno, valorizzerebbero in maniera straordinaria la loro professionalità, promuovendo al contempo un ambiente di apprendimento piacevole e inclusivo. Di contro, le famiglie dovrebbero dare fiducia a chi esplora nuovi orizzonti didattici, meno tradizionali e rigidi, osservando non solo giustamente il rendimento scolastico ma anche il livello di benessere quotidiano. Va detto che l’outdoor learning non mette al riparo da solo da ogni difficoltà o fatica, ma certo avvia processi inclusivi e motivazione all’apprendimento. La didattica attiva all’aperto è principalmente caratterizzata da una visione dell’ambiente improntata a coglierne opportunità a vari livelli, da una particolare attenzione verso ciò che spontaneamente arriva dal gruppo classe e dal singolo per “sfruttarla”, dalla valorizzazione del processo rispetto al prodotto. Tutti questi elementi sono certo favoriti da esperienze in cui il corpo e i sensi sono sollecitati dall’ambiente green, ma allora chi vive nelle grandi città è escluso a priori da questo tipo di didattica? No, perché è possibile applicare quei principi anche fra asfalto e palazzi, ovviamente con la dovuta formazione e soprattutto con la quota personale di cambiamento. Invito a visionare il sito della Rete Nazionale delle Scuole all’Aperto, di cui sono formatore.

Alba Passarella, Pedagogista Clinico ANPEC – www.studiometalogo.com – cell. 333.6669805 whatapp o sms.